13 marzo 2009

Marco Boffo, un Uomo.


Cosa può scattare così forte dentro ad un trentenne da far lasciare dei "dorati" campi da tennis per intraprendere una carriera sportiva massacrante nell'ultramaratona?
Certamente non il ritorno economico.
Forse il fatto che farà fare ... molta strada? (in tutti i sensi)
Strada però lastricata di sudore e fatica, con sacrifici e dolori che attendono implacabili dietro ad ogni angolo e soddisfazioni al contagocce.

Marco Boffo si è raccontato in una conferenza/confessione.
Umanamente ha messo a nudo i suoi ricordi, il difficile presente, le speranze; da dove viene, dov'è tuttora, dove vorrebbe andare, ed ancora più avanti; ben consapevole dei sui limiti, con un bagaglio di esperienze breve ma intenso.
Cliccando qua accedete al suo blog (se manca l'adrenalina manca anche l'ispirazione per tenerlo aggiornato) dove potete trovare la sua storia ed il suo curriculum.

Le ultramaratone consumano, logorano, specialmente se precedute da preparazioni finalizzate a competizioni sempre al limite, sempre sul bilico di una corda, dove basta un niente per perdere quell'equilibrio che ti condurrebbe alla meta.
Un equilibrista ... equilibrato, che sta attraversando uno dei momenti più difficili della sua carriera, l'apice di una serie di di infortuni, la somma di malanni che si sono susseguiti nel tempo.

Acciacchi muscolari prima dell'appuntamento mondiale di Tarquinia lo hanno obbligato a comprimere i tempi di quella preparazione, cercando di mantenerla sempre alta alla ricerca del miglior risultato, ed invece ... è andata com'è andata (ritiro al 75°km a causa di crampi ai polpacci) e da là un susseguirsi di piccole noie fino ad oggi, con un riposo forzato che si sta prolungando.

Credo che in questi momenti, come non mai, particolari personaggi come lui abbiano bisogno di sentire "il pubblico" attorno, ed ecco che l'altra sera è stato accolto con amore, attenzione, rispetto e ... calore.

Forza Marco, hai davanti a te ancora delle soddisfazioni da cogliere, e vogliamo vederti a testa alta salire sul gradino più alto di quel palco che ... tieni dentro di te.