Una maratona non la si "corre", ma la si ... "vince".
Vincitore non è solo quello che arriva primo, vincono tutti coloro che tagliano il traguardo provando intima soddisfazione di se stessi, della propria impresa.
Non per niente il più insoddisfatto è rimasto quello che è arrivato proprio primo di tutti ... tal Fidippide.
Ma è poi vero che per "vincere" la propria maratona bisognerebbe correrla a ritmo omogeneo?
Le realtà delle gare più importanti dicono che quasi sempre il primo arrivato ha corso con ritmi molto altalenanti, prima per rintuzzare gli attacchi degli avversari, poi per provare a fare selezione, ed infine per staccali tutti o, come a volte capita, per giocarsi il finale in volata.
Vince chi più ne ha e riesce a dare.
Il "regolarista", regolamente destinato alle posizioni di rimpiazzo, regolarmente asserisce pubblicamente: "ho dato il massimo", malcelando però la propria regolare insoddisfazione.
Qualcuno dirà: "E Baldini o Gebraselassie? Non erano forse fuoriclasse della regolarità?" Si, intanto lo "erano", e poi quanti altri fuoriclasse conoscete? Sicuramente i 30.000 italiani che annualmente "vincono" la loro maratona sono ben lontani da esserlo.
Quindi, vivendo la propria giornata, lasciando i calcoli ai ragioneri seduti ed ai marpioni, se colui che arriva primo ci riesce "giocando" con i ritmi, perchè anche coloro che arrivano dopo, a tutti i livelli, non possono farlo per "vincere" la loro maratona?
Nell'intimo intimo di chi non ha niente da perdere e nemmeno da guadagnare, quale preferire fra i pensieri finali:
"Ci ho provato, però mi è andata male" oppure:
"Mi è andata bene, però se ci provavo..."?
O forse dentro di me sta spingendo ... il diavolo? :-))